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La comunità commemora S. Gennaro

08/10/2008 - Venerdì 19 settembre, presso la chiesa di S. Gennaro, la comunità ha ricordato il Santo Titolare nel giorno della sua festa liturgica con la celebrazione di una messa solenne, nell’ambito della novena in onore dei SS. Medici. Il Parroco si è soffermato brevemente a narrare la storia della vita e del martirio del Santo, spiegando anche il motivo per cui la nostra Parrocchia è a lui intitolata: fu proprio il Vescovo di Molfetta che istituì la Parrocchia, Mons. Gennaro Antonucci, originario di Napoli, a volere che la Parrocchia fosse dedicata al suo Patrono, di cui egli stesso portava il nome. Don Giuseppe ha poi evidenziato l’importanza di conoscere le radici e la storia della comunità, perchè ogni comunità ha una sua identità storica e si è evoluta, come piccola chiesa nella chiesa universale, sviluppando specifiche scelte e orientamenti pastorali. Infine il Parroco ha evidenziato l’importanza di venerare anche il Patrono della comunità, di conoscerne l’insegnamento e di divulgarne il culto. Di seguito cercheremo di soddisfare questa richiesta.

VITA DI S. GENNARO
Parlando di S. Gennaro, immediatamente si pensa alla città di Napoli e al celeberrimo miracolo del sangue, che annualmente si liquefa in specifiche circostanze. Ma è anche bello osservare l’esempio di vita che Gennaro ci propone a distanza di tanti secoli: un giovane innamorato di Dio, coerente, che ha scelto la vita consacrata per meglio servire Gesù e il prossimo fino a versare il sangue nel crudele martirio.
Innanzitutto è bene precisare che probabilmente “Gennaro” non era il nome proprio del Santo, ma il nome gentilizio, corrispondente all’attuale nostro cognome. Il nome invece non ci è pervenuto.
Contemporaneo dei SS. Medici, nacque probabilmente a Napoli nella seconda metà del terzo secolo. Nulla sappiamo della sua vita, se non che fosse di famiglia nobile. Scelse la vita consacrata e in età molto giovane fu eletto Vescovo di Benevento, dove svolse il ministero apostolico con impegno e dedizione, amato dal popolo e persino dai pagani, che ammiravano la cura che impiegava nelle opere di carità dispensate verso tutti, cristiani e non, in un epoca di relativa pace per la Chiesa. Ma dal 293 d.C., come si è detto per il martirio dei SS. Medici, l’imperatore Diocleziano ordinò sanguinose persecuzioni contro i cristiani. Il proconsole della Campania, Dragonio, fece arrestare molti cristiani, tra cui un tale Sossio, diacono di Miseno, importante porto romano sulla costa occidentale del litorale flegreo. Sossio era ben noto al Vescovo di Benevento, che proprio in quel periodo si trovava a Pozzuoli in incognito, assieme al diacono Festo e al lettore Desiderio. Gennaro pensò di recarsi dal diacono in carcere per dargli conforto e incoraggiarlo perchè si mantenesse saldo nella fede durante il martirio. Ma voci traditrici rivelarono al tiranno Dragonio la vera identità dei tre visitatori, che furono immediatamente arrestati. La notizia scatenò moti di ribellione in tutto il circondario: Procolo, diacono di Pozzuoli, e due cristiani famosi di quel tempo, Eutiche ed Acuzie, sorsero in difesa degli arrestati, ma furono anch’essi imprigionati, mentre il malcontento popolare dilagava. Allora Dragonio pensò di far sbranare Procolo, Eutiche ed Acuzie dagli orsi in un pubblico spettacolo, perchè la loro fine servisse da minaccia verso coloro che mostravano ribellione verso il proconsole. Ma osservando che il clamore aumentava, prevedendo gravi disordini, tornò sui suoi passi lasciando i prigionieri in carcere.
Il 19 settembre del 305, il Vescovo Gennaro e gli altri cristiani vennero giustiziati per decapitazione nel foro di Vulcano, presso la solfatara di Pozzuoli. Gennaro aveva non più di trentacinque anni, e i suoi compagni erano ancora più giovani.

LE RELIQUIE
I corpi furono poi prelevati di nascosto da cristiani di Pozzuoli e sepolti vicino la Solfatara. Parte del sangue del martire Gennaro fu raccolto e conservato in ampolline.
Il 14 aprile 431, per ordine del vescovo di Napoli Giovanni I, i resti mortali di Gennaro martire furono traslati a Napoli nelle catacombe di Capodimonte, presso la tomba dell’allora Patrono di Napoli S. Agrippino. Gli altri corpi ebbero una storia a parte, e furono per lo più riportati nei rispettivi luoghi d’origine. La catacomba che custodiva le reliquie del Vescovo divenne meta di pellegrinaggi, e documenti del V secolo testimoniano che in quel periodo egli era già venerato col titolo di Santo (la Chiesa lo riconobbe tale nel 1586), invocato in particolare contro le calamità naturali e le eruzioni del Vesuvio. Nel 512, come ringraziamento per l’ottenuta cessazione dell’eruzione vulcanica, l’allora Vescovo ordinò che la reliquia del cranio fosse trasferita assieme alle ampolle del sangue in una chiesa a lui dedicata, su cui successivamente fu edificato il Duomo. La scelta si dimostrò provvidenziale, perchè a seguito delle invasioni longobarde, le ossa di tutti i santi sepolti nelle catacombe di Capodimonte, fuori dalle mura cittadine, furono riesumate e traslate a Benevento, sede del ducato longobardo. Fra esse vi era il resto del corpo di S. Gennaro. Nel 1156 le reliquie furono trasferite presso il santuario di Montevergine, in provincia di Avellino, dove furono dimenticate. A seguito di scavi ivi effettuati nel 1480, le ossa furono ritrovate sotto l’altare maggiore, ed iniziarono lunghe trattative con i monaci del Santuario affinchè fossero restituite alla città di Napoli. Il 13 gennaio 1492, il corpo di San Gennaro tornò finalmente a Napoli, e fu inumato nella cripta del duomo, dove erano custoditi le ampolle del sangue ed il cranio, che era stato incastonato in un busto d’argento, dono di Carlo II d’Angiò. Nel 1646 il busto ed il sangue furono trasferite nella cappella del Tesoro, nel duomo di Napoli. Il corpo rimase invece nella cripta, su cui si innalza l’altare maggiore della Cattedrale.

IL MIRACOLO DEL SANGUE

Il sangue di S. Gennaro fu conservato in un reliquiario dono di Roberto d’Angiò (1309-1343), che fu modificato nel XVII secolo. Tra due vetri di 12 cm di diametro sono custodite le ampolline: una più grande di forma ellittica schiacciata, piena per circa il 60% del volume, l’altra, piccola e cilindrica, contiene solo poche macchie rosso-brunastre.
Il miracolo della liquefazione del sangue non è un’esclusiva di S. Gennaro. Anche per altri Santi annualmente il sangue si scioglie in talune circostanze, oppure avvengono fenomeni simili. Ma quello di S. Gennaro è senza dubbio il più famoso tra i prodigi di quel genere. La liquefazione più antica di cui si ha notizia avvenne il 17 agosto 1389, ma probabilmente il fenomeno avveniva già prima di quella data, sebbene non ce ne siano pervenute notizie. Il prodigio si ripete tre volte l’anno: il secondo sabato di maggio, in memoria della traslazione del corpo da Pozzuoli a Napoli, il 19 settembre, anniversario della decapitazione, e il 16 dicembre, in ricordo dell’eruzione del Vesuvio del 1631, bloccata per intercessione del Santo. In tali circostanze il reliquiario viene prelevato dalla nicchia della cappella del Tesoro e trasferito sull’altare maggiore. Qui, a seguito di invocazioni e preghiere, alla presenza del cardinale arcivescovo, il liquido si scioglie. Allora il reliquiario viene prelevato e capovolto, per dimostrare che la sostanza solida in esso contenuta è passata allo stato liquido. Dopo i festeggiamenti il sangue si solidifica, e il reliquiario viene deposto nella cappella.
Non sempre il prodigio avviene, o talvolta avviene con giorni o ore di ritardo. Talvolta, quando il reliquiario viene prelevato, la sostanza si è già liquefatta.
La mancanza del prodigio o il suo ritardo vengono interpretati come segni di malcontento del Santo verso il suo popolo, a cui chiede un impegno più intenso nella vita cristiana. O taluni affermano che con la mancata liquefazione, il Santo voglia avvertire i suoi devoti di una prossima calamità pubblica.
Oggetto di numerosi studi, il reliquiario fu sottoposto nel 1988 all’esame spettroscopico, il quale accertò che nel liquido vi era presenza di emoglobina, e quindi trattasi di vero sangue. Ancora non esistono spiegazioni scientifiche per il prodigio, su cui comunque la Chiesa non si è mai ufficialmente espressa.
Un altro prodigio avviene presso la chiesa di S. Gennaro edificata a Pozzuoli presso il luogo del martirio: contemporaneamente allo scioglimento del sangue a Napoli, la pietra su cui il Vescovo poggiò la testa per essere decapitato si arrossa per la presenza del suo sangue.

Pietro Angione

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