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Conferenza: i fratelli Verzella a confronto.

13/08/2009 - Lunedì 10 agosto, la confraternita ha accolto un ospite davvero d’eccezione: Antonio Faita professionista nel settore artistico a cultore delle statue dei due fratelli Verzella. Faita, amico dei confratelli con i quali trattiene contatti da più di cinque anni, ha illustrato mediante una sessantina di slides video proiettate tutte le statue di manifattura napoletana attribuita ai fratelli Francesco e Giuseppe Verzella e presenti in chiese e musei napoletani e pugliesi. La presentazione è consistita in una semplice, a giudizio del relatore, genealogia della famiglia Verzella: Giuseppe e Francesco furono figli d’arte e i rispettivi avi sin dai primi anni del settecento erano artigiani e si dedicavano anche all’arte presepiale. Il padre Giovanni Battista fu autore di alcune statue lignee presenti in alcune chiese nel napoletano: alcune di tali statue a prima vista sembrano marmoree e l’effetto della sinuosità dei corpi ne conferisce il “marchio” Verzella. Le foto che il signor Faita ha presentato avevano un unico denominatore comune, nonostante fossero di autori diversi: Francesco, Giuseppe, Giovanni Battista come predecessore e Luigi Verzella figlio di Francesco; la caratteristica costante era un drappeggio unito in vita e parti delle tuniche di colori differenti che si incrociavano dando un senso di movimento o di semplice postura corporea. I visi languidi e a volte pallidi, come nel caso della Nostra Maria SS. Assunta in cielo e d’altre Statue della Vergine Assunta, si alternano a quei visi rotondi e paffuti degli angioletti che sorreggono le nuvole oppure ai visi del Bambin Gesù. Faita ha proposto un excursus storico geografico, mostrando al pubblico come l’arte della famiglia Verzella si sia diffusa dalla zona napoletana, molte statue sono presenti in famose chiese di Napoli, di Torre del Greco e nell’entro terra, mentre altre statue sembrano attribuibili ai Verzella a Gallipoli, città dello stesso Faita, che a proposito sta conducendo da anni una accurata indagine. A Molfetta vi è poi una statua d’incerta attribuzione al Verzella, presente nella Chiesa di S. Domenico. Nel corso degli anni, dalla fine del 1700, si è potuto notare un perfezionamento degli artisti ma sembra quasi che lo splendore massimo dell’espressività, dei colori, della gestualità si sia concentrata nelle statue della nostra città. Il nostro giudizio sarà di certo viziato da orgoglio patriottico, ma la magnificenza dello sguardo della nostra Assunta sembra realmente non avere paragoni: la sua gestualità minuta, uno sguardo assorto e tranquillo e l’apertura delle braccia come in un abbraccio amorevole e pudico oppure interpretabile nel dispiego di ali che conoscono già la meta è spettacolare. Lo stesso sguardo, rivolto quasi lateralmente, la bocca semi aperta come di un “Colui che piange e dice”, avrebbe detto il Sommo Poeta, lo si ritrova nel nostro S. Giovanni, statua custodita nel museo diocesano. Il San Giovanni molfettese presenta una capigliatura accarezzata dal vento, un movimento che sembra essere troncato nell’attimo in cui l’artista riprende la scena ed un viso straziato, quasi senza fiato. L’immagine sembra riprendere una precedente statua napoletana attribuibile al padre Giovanni Battista: l’assonanza sta nella postura leggermente ruotata e nelle mani, per quanto concerne l’espressività del viso si può dire poco perchè la Statua Napoletana è bianca, ha quella fattezza marmorea che da maggior peso al corpo più che alla bellezza dello sguardo. E’ stato fatto un confronto con la statua di San Giovanni presente nella Chiesa di San Domenico, di incerta firma Verzelliana: nonostante i colori pallidi del viso si riscontra una somiglianza pazzesca e i molfettesi possono essere testimoni facendo un confronto e ammirando tali bellezze artistiche nel museo diocesano e nella chiesa di S. Domenico.
Le icone della Madonna hanno una caratteristica comune: fatta eccezione della nostra Vergine SS. Assunta in Cielo la cui postura e il cui significato religioso del momento ripreso ne danno una connotazione particolare, si può notare uno stesso volto nelle statue della Madonna del Buon Consiglio, della Madonna del Carmine: stesso viso, stessa espressività, stesse labbra fini, che nascondono un sorriso timido, stesse guance rosee. I particolari non finiscono nel viso rotondo della Vergine: il bambino è sempre posto a sinistra, le mani sono paffute e le dita molto delicate, le mani che sorreggono il bambino sono sempre visibili e il figlioletto Gesù è sempre paffuto, sorridente e il suo sguardo è rivolto alla madre come nel Buon Consiglio oppure al fedele, come nella Madonna del Carmine. In quest’ultima statua sembra quasi che il bambinello festante voglia essere preso in braccio da chi lo guarda e la sensazione che nè produce è quella di un gesto gioioso che tutti farebbero verso un bambino vero. Una statua venerata e guardata da tutti i Molfettesi e il “simbolo” di Molfetta nel Mondo è quella della Madonna dai Martiri di Giuseppe Verzella. L’autore riprende la gestualità e il tenero abbraccio della Madre ma il risultato non sembra essere, a mio giudizio lo stesso: probabilmente il manto rosso sorretto da due angeli non più riccioluti ne dà un’impronta diversa. Probabilmente la diversità nello stesso viso della Vergine e degli occhi aperti, non più leggermente bassi o per il timido sorriso ne danno la caratteristica di quella che è la “Medonne de le Mertere”. Si può dire, attraverso un’attenta analisi, che la mano di Giuseppe Verzella sia diversa da quella del Francesco anche per quanto riguarda il movimento: sia la Madonna del Carmine che la Madonna dei Martiri sono ferme davanti al devoto, statuarie, mentre le statue del Francesco più sinuose e per qualche aspetto più umane, senza dissacrare la santità della scena cui fanno riferimento; forse ne danno una dimensione di maggiore familiarità, comunicando al fedele che la Vergine è stata una donna comune, madre come tutte le madri.
L' altra statua maschile presente a Molfetta, san Luigi, riprende la gestualità d’altre statue maschili: la muscolatura più definita e i muscoli del collo maggiormente tirati lo associano ad altre statue di S. Luigi, i S. Alfonso o S. Antonio; la differenza sta nella barba, il viso è sempre giovane, i lineamenti sono molto fini, quasi fanciulleschi. Ci sono altre statue molto curate in viso, oltre che nella gestualità, sono le statue di S. Pietro presente in territorio campano e le varie rappresentazioni di S. Anna. S. Pietro con il viso rigato, vissuto, occhi profondi, sembra sorreggere sulle spalle il lavoro terreno e quello voluto dal Signore, le immagini di S. Anna hanno il viso tenero, stanco, quasi di una nonnina.
Sembra emblematico il fatto che i Verzella abbiano creato poche immagini di Cristo. Oltre ad un Cristo Risorto di certa attribuzione, la statua di un Cristo morto di Gallipoli che solo di recente si è ipotizzato possa appartenere alla bottega dei Verzella. Fatto sta che nelle sessanta foto non compaiono altre statue a lui dedicate: forse perchè la loro arte, seppur sublime, non riusciva a creare un’immagine così tanto perfetta? Sarebbe bello scoprire anche quest’aspetto nonostante i documenti non siano molti. Piace pensare al fatto che l’umiltà di questi artigiani li abbia spinti a sentirsi artisti imperfetti, nella loro perfezione, nella rappresentazione del Signore: forse nessun modello presentava contemporaneamente le caratteristiche di fratello, figlio, Dio tra gli uomini?

Mariagrazia Petruzzella

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