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La forza delle tradizioni

19/02/2010 - Capita che una domenica mattina, l’ultima di Carnevale il giorno di San Valentino, ti svegli ad un’ora inconsueta per essere domenica e fuori il tempo è grigio e piove di quella pioggia che ti infastidisce e ti vengono perfino dei dubbi se è il caso di mettere la testa fuori di casa.
Capita poi che quella domenica la ricorderai a lungo perchè per la prima volta vivrai l’antica tradizione della raccolta della prima “frasca” per allestire il Cristo all’orto per il primo venerdì di Quaresima.
Andato all’appuntamento ti ritrovi con un manipolo variegato di confratelli, ci sono quelli più o meno abitudinari di quella tradizione e tutti sono li sotto la pioggia come se questa non venisse giù a girare per campagne dove mesi prima avevano con la stessa dedizione selezionato gli alberi migliori, i rami più belli e da allora li hanno curati affinchè fossero pronti oggi o fra quaranta giorni per la processione dei Misteri. Di contro ci sono quelli che son lì per la prima volta come te preoccupati della fanghiglia che riempie le scarpe e attenti a non sporcarsi il giubbotto poco adatto alla situazione, ma comunque pronti a dare una mano o semplicemente contenti di esserci.
E’ un piacere guardare la maestria con cui avviene la scelta, il taglio e il trasporto delle “frasche”, ed ascoltare i racconti legati a questa giornata da chi questa tradizione la vive da protagonista da anche settant’anni, e tu che sei lì per la prima volta capisci la forza di quello che sta accadendo e la responsabilità di chi tiene le redini nel proteggere e rinnovare questo momento, ma anche la responsabilità nuova che scopri in ciascuno dei presenti nell’essere chiamati ad imparare e portare avanti queste tradizioni.
La domenica della “frasca” non lesina acqua dal cielo e qualcuno ci vede un buon presagio per la settimana santa e adesso sei in sede a prendere atto di come la manualità è assoluta e imprescindibile per mettere insieme quello che si è raccolto e creare nel vero senso della parola quello che poi tutti vedono e apprezzano, si va per gusto e per dimensioni mandate oramai a memoria e su un saper fare che sembra rendere tutto semplice e tu rimani a guardare per ora buona come stessi a scuola a tentare di imparare e a pensare chissà se mai sarai in grado di ripetere quella gestualità.
L’attesa ora è finita il lavoro deve trovare il giusto compimento e così mentre la pioggia viene giù anche con più intensità nel dopo pranzo di questa domenica si rivive quel momento che sembrava rilegato e proprio della notte del giovedì santo quando alcuni confratelli portano la “frasca” dalla sede alla piccola chiesa di Santo Stefano per la processione, tutto diventa ancora più strano non è neanche Quaresima e sei davanti a quella porticina, poi dentro e lì tutto torna ad essere improvvisamente naturale. Non potevi essere in un altro posto più giusto che lì.
Le figure dei Misteri sono lì di fronte in fila, tutto l’anno passi lì davanti e pensi ai momenti davanti a quella porta e se è aperto provi a scorgere il mantello dorato del Cristo, ma adesso è lì e tutti sono lì ad ammirarli, e gli occhi puntano sotto l’altare dove nell’ombra si scorge il Cristo nella fissità della morte, qualcuno prova a disturbare il momento provando a limitare lo spazio e l’azione forte di una autorità in quel contesto troppo piccola per poter schiacciare l’atmosfera del momento e l’orgoglio del lavoro che si stava portando a compimento.
Si va via quando il Cristo è sull’altare splendente adornata da quell’albero di ulivo imponente che si staglia verso l’alto, dopo che chi ne aveva avuto il “permesso” aveva dato l’ennesima dimostrazione di maestria e alcune donne della confraternita si erano prese cura di quell’immagine con estrema cura e dedizione.
L’appuntamento è per venerdì primo di Quaresima, nell’attesa rimane il ricordo di una giornata intensa che hai voglia di raccontare e di rivivere.
Per fortuna…capita.

Nino Pisani

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