Torna alle News Da Vasto a Bari: sulle orme di San Nicola
Mercoledì 5 maggio si è ripetuta la sosta dei pellegrini di san Nicola in cammino a piedi verso Bari. Le due Confraternite si sono impegnate ancora per rispettare quelle che nel nostro credo sono le “opere di misericordia corporale”: “dare accoglienza ai pellegrini” e “dare cibo agli affamati”.
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07/05/2010 - E’ un appuntamento immancabile… ogni anno si rinnova la commozione nel vedere avvicinarsi su via Sergio Pansini una fiumana di persone armate di bastone da pellegrino, sormontato da una piuma o spighe di grano con l’effigie del nostro potente San Nicola, e fazzoletto giallo legato al collo. Sono stanchi, eppure hanno la forza di cantare inni al Santo di Myra e “Quanto è bello chiamare Maria…”.
Don Sergio ha voluto continuare il gemellaggio con gli amici di Vasto, proseguendo una tradizione che don Giuseppe suo predecessore ha conservato per vent’anni, e prima di lui chissà quanti altri, di accogliere i pellegrini diretti a Bari per la grande festa patronale. Le due Confraternite dell’Assunta e del Buon Consiglio, poi, hanno provveduto a loro spese alla cena.
Sui loro volti si legge la stanchezza di un viaggio a piedi lungo chissà quanti chilometri… Dall’Abruzzo più meridionale al Molise, sconfinano nel foggiano e si cimentano nella scalata al Gargano fino al principe degli Angeli, San Michele: scendendo a san Nicola, non possono offendere quello che è il vero patrono della loro città, il Santissimo Angelo, e così trascorrono una giornata intera a risalire il monte per onorarlo nel suo tempio di gloria sulla terra. Discesa la montagna ecco Manfredonia, Barletta, Molfetta e, finalmente, dopo una settimana di cammino sotto il sole o sotto le intemperie, la fortunata Bari, irrigata dalla manna che sgorga dalle ossa del Santo Vescovo vecchie di sedici secoli. E lungo la via non manca la visita a tutti i santuari presenti, inclusa la nostra Madonna dei Martiri.
Negli occhi dei pellegrini si legge una fede sconfinata in Gesù, Maria, San Michele e San Nicola. Vi è la gioia per un viaggio estenuante che finalmente volge al termine: Bari è vicina! Domani saranno sulla tomba del Santo, assieme a fratelli di ogni parte del mondo, non solo cattolici… e la stanchezza si tramuterà in un pianto di gioia: “San Nicola, siamo tornati pure quest’anno!”, “San Nicola, proteggici!”, “San Nicola, salva Tizio da quel male incurabile!”… e a loro dire, il potente Vescovo si china ad ascoltare le loro richieste, prostrandosi innanzi all’Onnipotente a chiedere grazie e favori. E alla fine, se ne torneranno contenti alle case con una bottiglietta della preziosissima “Sacra Manna”, un liquido che miracolosamente sgorga dalle ossa del Santo. Ad un analisi chimica risulta essere acqua dolce purissima, con un grado di purezza che non si ritrova nelle nostre falde, oltre al fatto che la Basilica ove le ossa sono custodite sorge a pochi metri dal mare, e l’impermeabilità della pozza in cui giace il corpo è stata più volte comprovata. Come se non bastasse, nello scorso secolo, a seguito dei lavori di restauro della cripta, le ossa furono riesumate e poste per qualche tempo in una cassa di cristallo, e anche lì la manna venne fuori copiosa, alla vista di tutti… un vero mistero per la scienza…
A prescindere da fenomeni miracolosi o presunti tali, colpisce innanzitutto l’universalità di San Nicola, del suo messaggio di santità. Un uomo saldo nella fede, anche nelle persecuzioni, coraggioso nel salvaguardare il messaggio di Cristo e la dottrina della chiesa in un periodo in cui impazzavano le eresie, soprattutto quella ariana. Un pastore buono, vicino al suo popolo, modello di carità. Un cristiano “contempl-attivo”, per dirla con don Tonino…
Ogni anno rimaniamo colpiti dal fatto che questa gente scende da così lontano a venerare questo grande Santo. E noi molfettesi? Quando pensiamo a San Nicola, qual è il nostro primo pensiero? Le cioccolate del 6 dicembre, ecco qual è… eppure Bari dista solo 25 chilometri!
Un tempo San Nicola era veneratissimo a Molfetta. La sala dei templari era una chiesa intitolata a “San Nicolò”, e la sua immagine troneggiava sull’antica porta della città perchè nel 1530 salvò Molfetta dall’assalto delle truppe francesi del conte Caracciolo assieme a san Corrado e la Madonna dei Martiri… E poi, quanti molfettesi hanno avuto il nome “Nicola” in suo onore…
E’ come l’annosa questione di San Corrado, che i molfettesi hanno ormai dimenticato pur conservandone le ossa. E possiamo testimoniare, perchè l’abbiamo udito con le nostre orecchie, che i modugnesi farebbero carte false per riaverlo, dopo sette secoli…
Ci sono tradizioni che vanno preservate! Il lungo viaggio degli amici di Vasto si ripete da secoli, eppure i molfettesi neanche lo sanno. Tanta fede passa quasi inosservata, e invece andrebbe valorizzata… andrebbero venerati i Santi di casa nostra, perchè sono doni del cielo… Eppure queste manifestazioni vengono spesso frettolosamente cestinate come inutili retaggi del passato…
E’ un’amicizia preziosa quella coi pellegrini di Vasto. Sono un vero modello di devozione, oltre che un vero modello di carità. Vivono quelle giornate come veri fratelli, si dimostrano riconoscenti per il pasto caldo loro offerto, e non rifiutano un sorriso o una battuta simpatica, nonostante la stanchezza faccia appesantire gli occhi. Un ultimo saluto e, domani all’alba, volgendo lo sguardo a Gesù Sacramentato, camminando all’indietro, varcheranno la soglia della nostra chiesa. E’ un incontro fugace, ogni anno, ma pieno di emozioni. Ogni anno con la speranza che il pellegrinaggio si ripeta anche l’anno prossimo. Con la speranza di rivedere ad uno ad uno tutti gli amici, con una ruga in più…
Pietro Angione
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