Sabato Santo

Sabato SantoL’immagine di san Pietro, che dal XIX secolo fece parte della processione della Pietà, venne condotta dalla Confraternita dell’Assunta dal 1929.
Nel 1948 l’immagine originale venne sostituita da quella attuale, di valore artistico di gran lunga superiore. La statua riflette l’episodio evangelico del rinnegamento di Pietro: il personaggio è rappresentato nel momento in cui si avverano le parole udite dal Maestro la sera del Giovedì Santo: sorpreso dal canto del gallo porta la mano sinistra all’orecchio, mentre con la mano destra si percuote il petto in segno di pentimento per aver rinnegato il Signore. Egli poggia ancora il piede destro sul gradino d’ingresso del pretorio, e spalanca le palpebre sbigottito: senza voltarsi, con un movimento fulmineo delle pupille, va a cercare l’animale presente alla sua sinistra in posizione leggermente arretrata. Il Cozzoli per realizzarlo adoperò giornali con degli scritti del Papa, per ricordare che San Pietro fu il primo Pontefice, investito della carica direttamente da Gesù; pare invece che per plasmare la figura del gallo il Cozzoli abbia osservato un modello realmente vissuto, allevato in contrada San Martino.
L’usanza di partecipare alla Processione del Sabato Santo viene gelosamente custodita. In mattinata i Confratelli si recano presso la sede del Sodalizio in attesa dell’inizio del sacro evento, indossano le vesti e si avviano verso la chiesa di Santa Maria Consolatrice degli Afflitti, comunemente denominata Purgatorio, con le candele e la mazza da processione. I portatori entrano nel tempio, si avvicinano ai simulacri in cartapesta dall’espressione profonda, e li sfiorano segnandosi devotamente. Nessuno però osa  toccare il gallo di san Pietro, dal momento che esso, nell’immaginario cristiano, è il simbolo del Demonio. Infatti, come il gallo innalza il suo grido all’alba, quasi scosso dai primi raggi di luce, così il Maligno, scosso dal sorgere di Gesù Cristo, vera Luce del mondo e redentore degli uomini, si scatena alla consapevolezza di aver fallito nel suo piano malefico di distruzione del bene. Secondo la tradizione molfettese, inoltre, l’ira divina verso chi ha sfiorato l’immagine del gallo di san Pietro si manifesta mediante una punizione esemplare: per sette anni i trasgressori non vengono sorteggiati per condurre a spalla le Sacre Immagini.
Quando il Priore della Morte dispone che il corteo abbia inizio, i confratelli sollevano l’immagine del capo degli apostoli, e intraprendono il borgo illuminato dal sole splendente di mezzogiorno. Sono ore faticose: alla stanchezza del giorno precedente si aggiunge quella corrente, e molti confratelli, con i piedi gonfi e le spalle piagate per aver sorretto il peso di Gesù nell’Orto, cercano un momentaneo riposo presso la sede della Confraternita. L’immagine era anticamente condotta da sole due quadriglie che si alternavano dall’uscita al rientro, ma con la divisione in tratti della processione del Venerdì Santo, anche quella del Sabato subì la stessa sorte: agli inizi degli anni novanta dello scorso secolo il numero delle quadriglie venne portato a quattro, e da qualche tempo ben  quadriglie vengono rivestite dell’incarico.
Quando alla sera il corteo raggiunge Piazza Vittorio Emmanuele II, l’animo di ognuno si incupisce al pensiero che le manifestazioni pasquali, cariche di così tanta sacralità e pathos, stanno per finire. Le ombre si distendono, e le sagome della città sembrano modificarsi: pare di ritornare qualche decennio indietro, quando i nonni insegnarono a svolgere quei gesti a coloro che oggi sono già attempati. Vengono accesi i ceri, e si prende a pregare più intensamente affinché il sacrificio divino rievocato in quella circostanza serva anche alla cancellazione dei propri peccati; donne anziane si affacciano dai balconi di via Sergio Pansini e Tenente Ragno lanciando sguardi di compassione alle immagini dei Santi, addolorati per la morte del Maestro. Il tempo scorre, si raggiunge il borgo, e sullo sfondo si scorge la chiesa del Purgatorio. Quando l’ultimo Ti-tè della tromba decreta l’arrivo della prima statua alla dimora, i portatori, con una certa malinconia, poggiano la figura di San Pietro sulle forcelle in attesa dell’arrivo delle altre immagini e della statua della Pietà. Esse rientrano nell’ordine inverso a quello processionale: l’ultima immagine ad essere inghiottita dal portale del Purgatorio è quella del primo Papa, mentre la banda suona le ultime note dello Stabat Mater. I confratelli raggiungono la sede nei pressi della chiesa di San Gennaro, e ricevono il tradizionale pizzarello col tonno da gustare prima della veglia della Resurrezione.
Anticamente la Congrega il Venerdì di Passione partecipava anche alla Processione dell’Addolorata, a cui intervenivano le Confraternite coinvolte il Sabato Santo. La consuetudine scomparve tra gli anni sessanta e settanta del novecento.

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